In questi giorni mi sono interrogata spesso sul significato dell’amicizia. Una parola che negli anni ha cambiato più volte sfumature e dimensione nella mia vita.
Se all’asilo, la mia unica vera amica, era la mia cagnolina, Lilly, alle elementari ho iniziato a simpatizzare anche con qualche bambina. Nulla di speciale eh, ho sempre diffidato dei rapporti umani, ma il poter giocare con qualcuno che mi rispondesse a parole, e non a bau, il confronto e le risate, mi hanno fatto vedere l’amicizia sotto un altro punto di vista.
A 6 anni consideravo “amico” qualcuno più o meno della mia età (se era troppo grande o non voleva giocare con me, o non mi fidavo a raccontargli i miei segreti) preferibilmente femmina, i maschi andavano bene solo se non urlavano e giocavano con i LEGO, e con una grande passione per i libri, i cani e i lego. Questo mi bastava. In questo rapporto, consideravo basilare lo scambio dei giochi, lo stare insieme e il dividere la merenda. In quella fase della mia età non era contemplato lo sfogarsi, supportarsi per un due di picche in amore. Il rapporto di amicizia era abbastanza semplice, anche se mi è capitato di incontrare parecchi casi di “bambini stronzi”. Ma non stronzi perché non volevano giocare con me o mi trattavano male. Quei bambini, e vi sarà capitato anche a voi di incontrarli (o magari eravate voi stessi, e ora avete cancellato tutto), che prima si fingono amici, poi ti usano (“dai, dammi i tuoi giochi, io non li ho. Domani te lo riporto”. E immancabilmente bye bye giochi), ti deridono pubblicamente con gli altri bambini e poi ti isolano, cercando di buttare su di te tutto l’odio che covano. Mancanza di affetto da parte dei genitori? Mancanza di cervello? Bah, ancora non mi è chiaro. Da questi episodi ho sempre cercato di stare alla larga. Il problema è che gli stronzi poi crescono e si scordano delle loro malefatte. Eh che fai, gli scrivi pubblicamente su Facebook insultandoli perché se la sono presi con te a 6 anni? Li eviti, perché tanto a che serve covare rancore? Vabbè, per ora li evito quando li vedo, passando io per la stronza perché se li vedo non li saluto.
Arrivano poi i tempi delle medie, i primi fidanzatini, le scaramucce tra amiche su “Lui è mio”, “Ma io l’ho visto prima”, alternate a “Quanto vorrei le tue scarpe”, “La odio, fa sempre la cocca con i prof!”. Alti e bassi non degni di grande nota, o per lo meno, nella mia vita queste amicizie, di cui alcune credevo immortali, si sono spente veloci come un fiammifero, lasciandomi ricordi sbiaditi e spesso privi di emozione. Continua a leggere